In Italia un enorme quantitativo di vecchi elettrodomestici, in particolare televisioni, non si sa che fine fa. I risultati di una recente inchiesta di Greenpeace ipotizzano una ben misera fine visto il disperdersi di tonnellate di acciaio, ferro, rame, alluminio e plastiche che potrebbero essere recuperate, mentre, allo stesso tempo, finiscono dove non dovrebbero sostanze pericolose come clorofluorocarburi, idroclorofluorocarburi, piombo, cadmio, mercurio, cromo esavalente, ftalati, policloro bifenili, pvc, berillio, diossine e furani e fosforo.
Complessivamente, a livello nazionale, ogni anno vengono raccolte circa 157mila tonnellate di Raee (apparecchiature elettriche ed elettroniche). Un dato riferito ai prodotti correttamente smaltiti, perché degli altri non ci sono cifre precise, anche se uno studio dell'Ipsos evidenzia che i Raee mal gestiti sono il 55% del totale, una percentuale meno drammatica di quella elaborata da Greenpeace che stima in meno di un quarto del totale i Raee smaltiti correttamente. Gli altri si perdono nel nulla nell'ambiente.
Che fare?
Nell’ultimo anno il 70% degli italiani è passato al digitale terrestre, migrazione che ha comportato l’acquisto di quasi sei milioni di nuovi apparecchi e l’abbandono di altrettanti modelli, quasi tutti a tubo catodico. Sono due le soluzioni per liberarsi correttamente dei vecchi televisori (ed elettrodomestici in genere):
La prima, il ritiro gratuito. Si acquista un nuovo elettrodomestico e il vecchio è ritirato gratuitamente dal rivenditore. E' la soluzione prevista dalla legge 65/2010, nota come decreto “uno contro uno”, entrata in vigore lo scorso 18 giugno ma ancora poco nota. L’obbligo gratuito del ritiro a domicilio del vecchio tv è espresso senza possibilità di dubbi: è una bella idea, ma nella metà dei casi rimane tale. Greenpeace ha visitato 107 negozi di rivenditori elettronici, in 31 città italiane, appartenenti alle cinque catene di distribuzione che detengono il 70% della quota di mercato. Tra questi, il 12% non effettua il servizio, il 25% aumenta il costo di consegna e il 14% lo effettua solo se il cliente porta in negozio il vecchio prodotto.
La seconda possibilità, la consegna individuale. Chi vuole liberarsi di un vecchio tv deve portarlo direttamente in un centro di raccolta comunale, o gestito in licenza da privati, per consentirne il recupero o il corretto smaltimento. Ma anche questa strada, secondo le rilevazioni di Greenpeace dà scarsi risultati: il 40% dei centri monitorati in otto regioni italiane non rispetta i requisiti di legge e un altro 40% non è completamente conforme alla normativa.
Che succede al vecchio tv?
Di un televisore si recupera il 95 per cento, tra cui metalli oggi molto preziosi: rame, stagno e nichel che vengono raffinati e rifusi per diventare il cuore di cavi, bobine e motori. La plastica che costituiva la carrozzeria viene macinata, lavorata, ridotta in minuscoli frammenti e trasformata in granuli. Diventerà una pregiata materia «seconda», che in tempi di prezzi del petrolio alle stelle è una bella opportunità. Attenzione ad abbandonare il vecchio apparecchio in strada, c'è il concreto pericolo che si disperdano le polveri inquinanti, fluorescenti, che devono essere aspirate sotto cappe speciali. Sono quelle sostanze presenti all'interno dello schermo, le terre rare che stanno nella tabella periodica degli elementi chimici presenti in natura - Lantanio, Indio, Ittrio - senza le quali l'industria elettronica non esisterebbe.